Intervista Oldboy: Choi Min-sik

Al Florence Korea Film Fest abbiamo incontrato Choi Min-sik, protagonista del Classico Oldboy

Intervista Oldboy: Choi Min-sik
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Cesto di capelli arruffati, sguardo in macchina e martello alla mano. Questa è l'immagine che abbiamo tutti quando si parla di Choi Min-sik, attore di culto in Corea del Sud e noto in Occidente prevalentemente per il suo lavoro con il regista Park Chan-wook: protagonista in Oldboy e antagonista invece nel terzo capitolo della Trilogia della Vendetta, Sympathy for Lady Vengeance. Ecco così che dopo attori del calibro di Song Kang-ho (recentemente visto in Snowpiercer di Bong Joon-ho) e della bellissima Jeon Do-Yeon, il Florence Korea Film Fest porta in Italia un'altra grandissima star coreana. Attore famoso ma anche molto impegnato nella difesa del cinema coreano, Choi Min-sik fu infatti protagonista nel 2006 di una forte presa di posizione contro la decisione del governo sud-coreano di ridurre le quote protette di film autoctoni nelle sale, portando così all'invasione di pellicole straniere, soprattutto da Hollywood. L'attore annunciò a Cannes il suo ritiro dalle scene per tre anni, tornando a recitare soltanto nel 2009 con Himalaya, where the wind dwells di Jeon Soo-il. Abbiamo avuto modo di incontrarlo in una saletta dell'Hotel Lungarno di Firenze dove ci ha raccontato gli inizi della sua carriera, il suo metodo recitativo e alcune anticipazioni sul nuovo film di Luc Besson, Lucy, che vede l'attore nel ruolo del villain Kang mentre in quello principale ci sarà Scarlett Johansson. Il film segnerà il ritorno del regista francese alle atmosfere fantascientifiche che hanno fatto la fortuna de Il quinto elemento.

Ci vuole un fisico bestiale

Qual è il suo metodo per immedesimarsi ed entrare in un ruolo?
All'università ho iniziato con il teatro e ho studiato diversi libri tra cui le opere di Stanislawski. Dopo anni di lavoro considero invece che il metodo migliore sia parlare approfonditamente con il regista. Il film per me è in tutto e per tutto la sua opera e quindi sta a lui decidere cosa vuole da me. Mi metto così a parlare di tutto con il regista con cui sto lavorando: dalle chiacchiere più futili fino al senso profondo del film. Voglio fare in modo che chi dirige riesca ad esprimere il suo mondo cinematografico al meglio.

Qual è al momento il suo rapporto con il teatro?
Per me il teatro è stato il primo incontro con la recitazione e il mio punto di partenza. Il teatro mi ha insegnato le basi: la postura, la dizione e l'intonazione, il lavoro con il corpo e tante altre pratiche di base. È stata una palestra. L'attore è come un ballerino che esprime attraverso il suo corpo la sua forma mentis. Inoltre il teatro ti da quella sensazione di incontro diretto con il pubblico che manca al cinema. La comunicazione che avviene a teatro è molto importante, perché non c'è spazio per l'errore.

La sua è una recitazione molto fisica: dal polpo di Oldboy fino ai pugni di Crying Fist, lavora sempre molto con il corpo. Quanto è importante questo aspetto per i suoi personaggi? C'è qualche scena impegnativa che ricorda particolarmente?
A proposito della famosa scena di Oldboy: all'inizio dovevo solo avvolgere un tentacolo del polpo attorno alla bacchetta e mangiarlo. Questo è il modo in cui si mangia il polpo vivo in Corea. Volevo però esprimere la brutalità della sua prigionia e la sua nuova libertà strappando violentemente la testa del polpo e l'ho proposto al regista che ha accettato la mia idea. Sul set avevamo già alcuni polipi ma non erano molto "vivi". Il primo assistente è andato così a comprarne tre più vivaci che sono stati immolati nella scena. Mi dispiace ancora oggi per quei polipi.

Parlando di film recenti: come ha lavorato con Besson nel suo nuovo film, Lucy?
L'anno scorso avevo appena finito la produzione del mio ultimo film, Battle of Myeongryang di Kim Han-Min, che uscirà quest'estate in Corea del Sud. Stavo per tornare a casa quando ho ricevuto una chiamata da Besson stesso, che è venuto di corsa in Corea per presentarmi il progetto. Ci siamo incontrati e mi ha parlato per quattro ore di cosa voleva fare con il film e di tutte le sue idee. Conoscevo già il suo lavoro e mi piacciono molto le sue prime pellicole, Le grand bleu è il mio preferito, e quindi ho accettato subito. Purtroppo non posso ancora parlare del film ma parte dall'ipotesi di cosa succederebbe se un essere umano usasse al cento per cento le potenzialità del proprio cervello.

Quale personaggio è stato il più difficile tra quelli che ha interpretato e quale invece quello che ha preferito?
Tutti i personaggi sono difficili per me: l'esaurimento fisico si può reggere facilmente, basta riposarsi, ma lo stress mentale è quello che soffro di più. Quando giro un film mi vengono sempre dubbi sulla mia interpretazione... "ho fatto bene o ho fatto male?!?". Sono dubbi che mi assilleranno per tutta la carriera. Comunicando con il regista arriviamo sempre ad un accordo per la scena, ma di fronte alla macchina da presa sono da solo e quindi soffro molto la pressione del momento.
Non ho un personaggio preferito. Sono sempre molto attaccato a tutti, è come se avessi avuto una relazione con tutti miei ruoli, con alcuni è andata bene e con altri male, ma rimarranno sempre con me. Per fare un esempio dopo Oldboy, dove il lavoro con il personaggio era stato molto pesante, ero esausto fisicamente e mentalmente. Mi sentivo come se fosse finita una relazione passionale, ecco perché dopo ho fatto Springtime di Ryu Jang-ha; tutti erano contro di me perché il personaggio era molto piatto e il film molto più semplice. Per me invece quel ruolo è stato molto d'aiuto, mi sono sentito ristorato, come se mi fossi perso in una tormenta e avessi trovato una casa accogliente in cui ripararmi al caldo. Mi sono potuto dimenticare del personaggio di Oldboy grazie al film.
Anche lì non sono mancate le difficoltà: interpreto infatti un musicista, ma non volevo fare finta di suonare e per sei mesi ho studiato la tromba per arrivare al livello che serviva e così ho suonato direttamente per la colonna sonora.

Visto questo rapporto molto forte con i ruoli, lei guarda i suoi film e si giudica oppure preferisce non farlo e mettere il progetto nel cassetto?
Appena il film viene proiettato al cinema lo vado subito a guardare. Entro in sala appena inizia e mi metto in ultima fila. Più che il film guardo le reazioni del pubblico per controllare se sono riuscito a comunicare al meglio le intenzioni del regista. Pochi minuti prima della fine del film esco e mi nascondo nei bagni dove riesco a sentire le reazioni e i giudizi più sinceri. Anche se mi devo tappare il naso ne vale la pena.

Oldboy, la vendetta e Park Chan-wook

Qual è il suo rapporto con i media e il pubblico?
Penso che nel sistema coreano il destino dell'attore sia mantenere un buon rapporto con pubblico e media, io però mi sento egoista e preferisco decidere da solo i ruoli e fare il lavoro che voglio io. Ho sempre scelto le produzioni che volevo senza farmi influenzare dai giudizi delle persone. Di solito quando scelgo un ruolo devo esserne attratto. Una qualità che un attore deve avere è l'onestà nella sua interpretazione, una caratteristica che devono avere tutti gli attori, giovani o navigati. Meglio scegliere un ruolo che ci piace piuttosto che sentirsene costretti.

Recentemente si è fatto un gran parlare del remake di Oldboy di Spike Lee, è riuscito a vederlo?
Purtroppo non sono riuscito a vederlo. Ero occupato a finire il film con Besson e quando sono tornato in Corea non era più programmato in sala.

Questo forte sentimento della vendetta che si vede in numerose pellicole coreane è radicato nella cultura o solo un pretesto narrativo?
L'idea della vendetta non è solo vista come qualcosa che si cerca verso qualcuno che ci ha fatto un torto. In Corea abbiamo un detto: “per ogni azione c'è una conseguenza”. Il vendicare non è solo per il male subito ma è anche come conseguenza per le proprie azioni. Quando in Oldboy il mio personaggio si taglia la lingua è una conseguenza per le azioni del suo passato. Ha parlato e quindi il taglio della lingua è l'estrema conseguenza delle sue azioni.

I film coreani vengono spesso sentiti dal pubblico occidentale come troppo violenti. Come viene percepita la violenza dal vostro pubblico?
È vero che molti film coreani hanno un tasso di violenza abbastanza alto. Ma secondo me l'opinione del pubblico non dovrebbe influenzare l'idea del creatore del film. Penso che i registi debbano avere la libertà di esprimersi, ma solo se questa ha effettivamente un valore nell'economia del film.

Aveva già parlato con Park Chan-wook di Sympathy for Lady Vengeance quando stava lavorato ad Oldboy?
Park Chan-wook aveva già il soggetto del terzo film mentre stavamo lavorando ad Oldboy. Ne avevamo parlato ma non mi aveva ancora offerto il ruolo perché al momento non c'era ancora il personaggio nel soggetto provvisorio. Visto che Oldboy per me era stato un'esperienza estenuante non volevo lavorare ancora con Park, che in quegli anni era eccessivamente fomentato da questa passione per la vendetta. Ma alla fine come si è visto ci sono ricaduto.

Viaggio in Italia

Ha difeso strenuamente la vecchia legge che garantiva delle percentuali di presenza del cinema coreano nelle sale. Perché si è sentito in dovere di assumersi questa responsabilità?
Per me quell'azione è una storia che appartiene al passato, un ricordo, ma al momento mi sentivo in dovere di proteggere i film coreano, soprattutto le pellicole indipendenti che sarebbero state quelle a subire maggiormente l'eliminazione di questa legge. Mi sarei pentito se non avessi intrapreso questa protesta.
In diversi paesi la regola della “screening quota” esiste tuttora, come in Francia e in Messico: il fatto che questa regola venisse modificata per ragioni economiche e commerciali mi ha fatto arrabbiare. Come privilegiato della società mi sono sentito in dovere di difendere i piccoli produttori e i giovani registi che non avevano la voce per protestare. Un difetto del mio carattere è però il non tener conto delle conseguenze ma sono felice delle mie azioni.

Come si sente a ricevere il premio del Florence Korea Film Fest visto che ne ha ricevuti diversi?
Sento che il premio mi viene dato dal pubblico italiano. Quale attore non sarebbe felice di ricevere un premio? Sono felice che questo venga da una cultura diversa da quella coreana, vuol dire che la mia comunicazione attoriale ha funzionato. Preferisco che i premi vengano dati dal pubblico. In Corea ho vinto un premio dato dagli studenti universitari: ho partecipato in seguito ad un incontro con loro e sono stati tutti molto attenti, pieni di domande. Ai miei tempi il cinema era uno svago per uscire e farsi vedere mentre adesso il pubblico, e i giovani in particolare, sono tutti molto più coscienti di quello che vedono. Questo viaggio inoltre mi da la possibilità di vedere come il cinema coreano viene percepito dal pubblico italiano. Sarei interessato ad organizzare una festa del cinema italiano così da far conoscere il vostro cinema agli spettatori coreani.

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