Intervista La Mafia Uccide Solo D'Estate: Pif

Pif e Cristiana Capotondi ci raccontano il loro film

Intervista La Mafia Uccide Solo D'Estate: Pif
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Chi si nasconde dietro lo pseudonimo Pif, che da un po' di anni sentono nominare soprattutto i seguaci irriducibili del piccolo schermo? Nato a Palermo nel 1972, trattasi di Pierfrancesco Diliberto, dal 2001 al 2010 autore ed inviato della trasmissione tv di attualità investigativa Le iene e realizzatore, dal 2007, de Il testimone, suo primo programma individuale, in onda su MTV.
Lo stesso Pierfrancesco Diliberto che, impegnato dal 2011 anche con Il testimone Vip, che racconta da vicino i dettagli di vita quotidiana di personaggi legati al mondo dello sport, della politica e dello spettacolo, debutta nella regia cinematografica con La mafia uccide solo d'estate, di cui, inoltre, è protagonista nei panni di Arturo, innamorato fin da bambino della compagna di scuola Flora.
Ed è Cristiana Capotondi a interpretare quest'ultima, nel corso di un racconto su celluloide sì divertente e non privo di tenerezza, ma sul cui sfondo si susseguono i tragici fatti di cronaca che hanno tristemente insanguinato la Sicilia tra gli anni Settanta e Novanta.
Abbiamo incontrato a Roma l'attore-regista e la co-protagonista proprio per scambiare due parole sul lungometraggio e sugli argomenti che affronta.

Un siciliano e una... Cristiana!

Era molto difficile fondere ironia e dramma senza ironizzare, però, mai sul dramma. Come siete riusciti a concretizzare sullo schermo una cosa del genere?

Pif: In televisione ho fatto molte puntate della trasmissione Il testimone usando quella tipologia di linguaggio, che poi ho anche sperimentato lavorando a Le iene. Quindi, davo per scontato che sarebbe stato quello il giusto linguaggio da usare anche per il mio film da regista. Spero di non essermi sbagliato.

C'è un cinema che ti piace o al quale ti sei ispirato per concepire questa tua opera prima?

Pif:
Sicuramente sì, ma ho visto talmente tante cose che, a un certo punto, non riesco neanche più a distinguerle, senza riuscire neanche più a capire cosa possa avermi influenzato.

Tra l'altro, diversi anni fa sei stato assistente alla regia ne I cento passi di Marco Tullio Giordana, che, come il tuo film, affrontava il tema della mafia...

Pif: Sì, quello era un piccolo film di cui nessuno di noi che ci stavamo lavorando riusciva a immaginare l'importanza che avrebbe poi avuto all'interno del cinema italiano.

Come è Pif regista?

Pif: Scrivi "È bravissimo, simpatico e molto affascinante" (ride).

Cristiana Capotondi: La cosa bella del vedere esordire una persona dietro la macchina da presa è anche sentirla gridare "Azione!" al primo ciak. Nel caso di Pif, era diventato un capo branco già al secondo giorno di riprese. Si è affidato molto ai tecnici, che hanno messo nel film molta passione e professionalità, perché tutti ci credevamo e abbiamo cercato di dare il nostro meglio, ma lui ha dovuto anche dirigere gli attori e se l'è cavata in maniera sorprendente.

Tra l'altro, il tragico periodo storico italiano raccontato nel film lo hai vissuto da bambina...

Cristiana Capotondi: Nel 1992 avevo dodici anni, ricordo quel periodo perché, per effetto della tensione dei miei genitori, io avevo paura, avevo come la sensazione che lo Stato non potesse rispondere a questi attacchi della mafia. Quando ho letto la sceneggiatura del film ho pensato che fosse la migliore idea letta in questi anni, quindi ho deciso che volevo farne parte. Credo sia stato fondamentale riuscire a raccontare in modo leggero questi avvenimenti, perché riesci a ridere ma, allo stesso tempo, anche a capire la drammaticità dell'esperienza in questione.

A questo punto, visto che sei siciliano di nascita, rispondi al quesito fornito dalla frase di Salvo Lima più volte ripetuta nel film: è vero che la Sicilia ha bisogno dell'Europa e che l'Europa ha bisogno della Sicilia?


Pif: Diciamo che la Sicilia, forse, ha bisogno dell'Europa, ma noi, di sicuro, non abbiamo più bisogno di gente che ripeta questa frase tipo mantra (ride).

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