Intervista L'era glaciale 4 - Francesco Pannofino

A quattr'occhi con l'interprete vocale di Capitan Sbudella da L'Era Glaciale 4 - Continenti alla deriva, Francesco Pannofino: un artista a tutto tondo che conquista con la voce.

Intervista L'era glaciale 4 - Francesco Pannofino
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“Dai, dai, dai”: Renè Ferretti ci darebbe un bell’incoraggiamento prima di partire con le domande dell’intervista. E in effetti a tratti parlando con Francesco Pannofino al 42° Giffoni Film Festival sembra proprio che il “maestro” se ne esca con una delle sue esclamazioni tipiche in Boris. A chi è in ritardo potrebbe suggerire di “smartellare” e “aprire tutto” mentre di fronte alle solite “cagne maledette” si appellerebbe di certo al “coffee break” di rito. Non lasciamoci ingannare dal cinismo misto a pessimismo del regista della “fuoriserie italiana”: pare proprio che invece Pannofino veda nuovi spiragli per la cinematografia italiana, non tutta da buttare e di certo non totalmente allergica alla tanto temuta “qualità”.
Ma ora si volta pagina, o meglio si torna al primo amore, il doppiaggio: in attesa di un futuro per la dissacrante serie tv, dal 28 settembre presterà la voce a Capitan Sbudella, uno dei nuovi personaggi de L’era glaciale 4 - Continenti alla deriva 3D, distribuito da 20th Century Fox e presentato in anteprima durante la kermesse campana. Quale personaggio gli somiglia di più? “In tutti loro - parole sue - metto una parte di me stesso. Il gioco di questo lavoro è proprio quello di poter essere qualcun altro, possibilmente diverso da noi. Prestare la voce è qualcosa di diverso, perché in realtà si lavora su qualcosa che è già stato fatto”.

Pensa davvero che in Italia il cinema sia fatto a c***o di cane, come si dice in “Boris”?
Alcune operazioni sono fatte così, ma per fortuna altre sono sinonimo di qualità, come i lavori dei fratelli Taviani. Abbiamo una bella tradizione cinematografica in Italia e dobbiamo salvarla. In “Boris” abbiamo raccontato il paradosso di questa situazione, il caso estremo.

Tornebbe a “Boris”?
Speriamo di continuare, ma dipende dal fatto che gli autori decidano di scrivere altre storie al riguardo.

Nel film di 'Boris' dite che “il cinema è come la mafia: non se ne esce”. Che ne pensa?
Una giornata sul set è una delle cose più noiose che esistano: si rifà sempre la stessa scena. Per raccontare uno studio tv in maniera divertente dovevamo raccogliere il peggio e farlo diventare denuncia sociale.

Quanto le è piaciuto interpretare un regista?
Moltissimo! Il regista è il padrone, colui che dà ordini sul set, ma in “Boris” ho avuto la possibilità finalmente di prenderlo in giro. Ci si sente come uno studente che fa l’imitazione del professore.

Qual è il suo giudizio spassionato sulla serie?
“Boris” è una felicissima opera molto intelligente capace di migliorare la propria sceneggiatura anche grazie all’improvvisazione dell’ultimo momento. Racconta la rassegnazione al brutto e per questo ha funzionato.

Le è mancato questo approccio in “Nero Wolfe”?
In “Nero Wolfe” dovevamo stare attenti ad ogni sfumatura nella sceneggiatura, senza aggiungere o togliere nulla, per evitare di svelare il colpevole prima del tempo. Il metodo è diverso, ma è stata una scommessa vinta con buoni ascolti.

Non le veniva da ridere con Pietro Sermonti in “Nero Wolfe”?
Pietro è un mio grandissimo amico e sul set ci siamo aiutati e divertiti moltissimo insieme. Lavorare con lui è fantastico!

Preferisce la commedia o la tragedia?
Il progetto che amo di più è “Boris”, ma comunque a me in generale piace emozionare, soprattutto con la drammaticità ma non disdegno la commedia. In generale, comunque, l’attore non sceglie, viene scelto. I progetti più interessanti, ad ogni modo, sono quelli realizzati dai giovani...

Se esordisse ora, nell’epoca di You Tube, che cosa metterebbe online?
Tutto quello che mi incuriosisce o i momenti di imbarazzi, come la scena muta durante un’interrogazione. Di certo avrei imitato un insegnante e poi ovviamente mi avrebbero bocciato!

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