In The Bling Ring, che apre a Cannes la sezione Un certain regard, Sofia Coppola - di ritorno sulla Croisette dopo la presentazione di Marie Antoinette nel 2006 - si ispira alla vera storia di cinque ‘ragazzi bene’ della periferia di Los Angeles che tra il 2008 e il 2009 svaligiarono le abitazioni dei Vip per gioco, con la voglia di imitarne lo stile di vita. Tra le loro vittime Orlando Bloom e Paris Hilton, che vedrà il film per la prima volta proprio qui sulla Croisette. Movieye cattura le impressioni della regista, che divide i riflettori con la protagonista Emma Watson, sempre più sexy e sempre più lontana dalla studiosa maghetta Hermione, a cui ha prestato corpo, volto e voce nella saga di Harry Potter.
SOFIA COPPOLA
‘Il giardino delle vergini suicide’ era ispirato a un romanzo. ‘The Bling Ring’ si basa su una storia vera, che lei ha conosciuto leggendo un articolo su ‘Vanity Fair’... Ne avevo già sentito parlare, ma un giorno, su un aereo, mi è capitato per le mani questo articolo e ho subito capito che c’era materiale per farne un film. Anzi, sicuramente qualcuno lo avrebbe fatto se non lo avessi fatto io. È una storia estremamente moderna, contemporanea...
Come giudica i ragazzi che hanno ispirato i suoi personaggi? Non li giudico, abitavano nei dintorni di Hollywood, vicino al glamour, al ‘bling ring’, per l’appunto. Il loro intento era principalmente quello di entrare a farne parte.
Con l’eccezione di Emma Watson, ha messo su un cast di attori non troppo conosciuti... C’è voluto circa un anno. Era necessario che i personaggi risultassero estremamente credibili, non caricaturali. Bisognava motivare gli interpreti e poi era necessario che avessero la stessa età delle loro controparti reali. Riguardo a Emma, trovo eccezionale il fatto che si sia completamente trasformata per il film, è diventata l’esatto opposto di ciò che è in realtà. È sempre interessante quando un attore compie un lavoro così estremo.
L’ultima volta a Cannes per lei risale al 2006. Ma Marie Antoinette non fu accolto particolarmente bene dalla critica... Ho ottimi ricordi di quell’esperienza e tornare sulla Croisette è sempre un piacere. Cannes è un’ottima piattaforma per il lancio di un film e trovo assolutamente naturale che la gente esprima la propria opinione riguardo ai film. A qualcuno piacciono, ad altri no, è normale.
La Hollywood che mostra nel film corrisponde a quella reale? Ne facciamo vedere il lato eccessivo. È stato interessante vedere come vive una star, ma non mi ci riconosco molto. Mi interessava di più capire che tipo d’impatto ha questa immagine sui giovani. Capire perché hanno quest’ansia di essere celebri, famosi. Cosa significa per loro possedere un oggetto di lusso.
Che risposta si è data? Che in tutto ciò hanno un’importanza fondamentale le nuove tecnologie. L’arrivo di facebook e dei social network. Sa che questi ragazzi hanno pubblicato su facebook le foto che attestavano la loro colpevolezza? Non pensavano alle conseguenze, non ragionavano da adulti. Alcune ingenuità ho dovuto toglierle dal film perché erano fin troppo assurde, il pubblico non ci avrebbe creduto. Sono cambiate un bel po’ di cose da quando ero ragazza. Non c’è più una dimensione privata. I giovani hanno quasi l’impressione di poter toccare le star, sanno cosa mangiano a colazione.
Ha mostrato il film a Paris Hilton? No, penso che lo vedrà stasera. Credo che lo apprezzerà, è una persona con molto senso dell’umorismo. Abbiamo girato a casa sua, ci ha fatto vedere le sequenze delle telecamere di sorveglianza, con i ragazzini che entravano.
Lei ha iniziato molto giovane. Che consigli darebbe a chi vuole fare il suo mestiere? Mio padre mi ha insegnato che la cosa più importante è imparare a scrivere bene. Poi oggi, con le telecamere digitali, diventa molto più facile realizzare un film. Chiunque potrebbe.
Si impone una riflessione. Questi ragazzi volevano diventare star, e ora c’è un film firmato da una grande regista in mostra a uno dei festival più importanti del mondo. Ci sono riusciti? Per questo ho cambiato i loro nomi. Non volevo che diventassero ancor più celebri, ma è stato anche un modo per proteggerli.
EMMA WATSON
Harry Potter sembra ormai un ricordo lontano... Fa parte del mio passato, ma non lo rinnego certo. Rappresenta lo spirito della mia adolescenza, ma in questi quattro anni mi sono capitate un sacco di cose. Mi sento fortunata, proprio perché ho possibilità di interpretare tanti personaggi diversi.
E su questo, come ha lavorato? Ho guardato molti programmi di attualità che parlavano della vicenda, per cercare di captarne la psicologia. Non volevo che sembrasse parodistico, volevo rendere credibile il mio personaggio. Ho lavorato sul suo accento, ho riflettuto su come poteva essere cresciuta. Su cosa significhi vivere a Los Angeles, sull’impatto che può avere sulle persone.
Che effetto le fa essere a Cannes? Non so, mi pare che tutti prendano i film così seriamente. Ma è bello essere in mezzo a tutte queste persone che amano il cinema e si scambiano opinioni, perché sono una grande appassionata di cinema anch’io, prima di tutto.
Cosa pensa dei suoi coetanei che hanno ispirato la trama di ‘The Bling Ring’? Volevano solo apparire ‘cool’, nella loro testa, non facevano nulla di così grave. Avevano perso il contatto con la realtà.
Com’è lavorare con Sofia Coppola? È sempre molto calma e se soffre di stress sul set, certo non lo da a vedere. Mi ha lasciato anche un po’ improvvisare, quando invece sono abituata ad essere spesso obbligata a rispettare le linee di dialogo in maniera ferrea.
Pensa che la tecnologia e i social network abbiano un ruolo importante nella vicenda raccontata dal film? Assolutamente sì. Tutto evolve così rapidamente e noi giovani subiamo l’impatto delle immagini. Ci si può mettere sopra qualsiasi titolo e i ragazzi nella loro testa si fanno un’idea che molto spesso non ha nulla a che fare con la realtà. Pensiamo a quello che si legge nelle riviste. Spesso è come vedere un fumetto, o una caricatura. È un peccato, i giovani diventano presto cinici, prendono coscienza di cosa significhi avere un’immagine pubblica, ma a scapito della loro innocenza.
Com’è essere una donna oggi, nel settore dell’industria cinematografica? Sono forse giovane per dirlo, ma a me pare un momento fantastico. Ci sono sceneggiatrici, registe in gamba come Sofia e attrici che spaziano in tutti i generi, dal dramma alla commedia. Direi che ce la caviamo piuttosto bene...
Intervista Emma Watson / Sofia Coppola
Regista e protagonista del film più atteso di oggi ci raccontano la loro esperienza alle prese con il 'Bling Ring'
In The Bling Ring, che apre a Cannes la sezione Un certain regard, Sofia Coppola - di ritorno sulla Croisette dopo la presentazione di Marie Antoinette nel 2006 - si ispira alla vera storia di cinque ‘ragazzi bene’ della periferia di Los Angeles che tra il 2008 e il 2009 svaligiarono le abitazioni dei Vip per gioco, con la voglia di imitarne lo stile di vita. Tra le loro vittime Orlando Bloom e Paris Hilton, che vedrà il film per la prima volta proprio qui sulla Croisette. Movieye cattura le impressioni della regista, che divide i riflettori con la protagonista Emma Watson, sempre più sexy e sempre più lontana dalla studiosa maghetta Hermione, a cui ha prestato corpo, volto e voce nella saga di Harry Potter.
SOFIA COPPOLA
‘Il giardino delle vergini suicide’ era ispirato a un romanzo. ‘The Bling Ring’ si basa su una storia vera, che lei ha conosciuto leggendo un articolo su ‘Vanity Fair’...
Ne avevo già sentito parlare, ma un giorno, su un aereo, mi è capitato per le mani questo articolo e ho subito capito che c’era materiale per farne un film. Anzi, sicuramente qualcuno lo avrebbe fatto se non lo avessi fatto io. È una storia estremamente moderna, contemporanea...
Come giudica i ragazzi che hanno ispirato i suoi personaggi?
Non li giudico, abitavano nei dintorni di Hollywood, vicino al glamour, al ‘bling ring’, per l’appunto. Il loro intento era principalmente quello di entrare a farne parte.
Con l’eccezione di Emma Watson, ha messo su un cast di attori non troppo conosciuti...
C’è voluto circa un anno. Era necessario che i personaggi risultassero estremamente credibili, non caricaturali. Bisognava motivare gli interpreti e poi era necessario che avessero la stessa età delle loro controparti reali. Riguardo a Emma, trovo eccezionale il fatto che si sia completamente trasformata per il film, è diventata l’esatto opposto di ciò che è in realtà. È sempre interessante quando un attore compie un lavoro così estremo.
L’ultima volta a Cannes per lei risale al 2006. Ma Marie Antoinette non fu accolto particolarmente bene dalla critica...
Ho ottimi ricordi di quell’esperienza e tornare sulla Croisette è sempre un piacere. Cannes è un’ottima piattaforma per il lancio di un film e trovo assolutamente naturale che la gente esprima la propria opinione riguardo ai film. A qualcuno piacciono, ad altri no, è normale.
La Hollywood che mostra nel film corrisponde a quella reale?
Ne facciamo vedere il lato eccessivo. È stato interessante vedere come vive una star, ma non mi ci riconosco molto. Mi interessava di più capire che tipo d’impatto ha questa immagine sui giovani. Capire perché hanno quest’ansia di essere celebri, famosi. Cosa significa per loro possedere un oggetto di lusso.
Che risposta si è data?
Che in tutto ciò hanno un’importanza fondamentale le nuove tecnologie. L’arrivo di facebook e dei social network. Sa che questi ragazzi hanno pubblicato su facebook le foto che attestavano la loro colpevolezza? Non pensavano alle conseguenze, non ragionavano da adulti. Alcune ingenuità ho dovuto toglierle dal film perché erano fin troppo assurde, il pubblico non ci avrebbe creduto. Sono cambiate un bel po’ di cose da quando ero ragazza. Non c’è più una dimensione privata. I giovani hanno quasi l’impressione di poter toccare le star, sanno cosa mangiano a colazione.
Ha mostrato il film a Paris Hilton?
No, penso che lo vedrà stasera. Credo che lo apprezzerà, è una persona con molto senso dell’umorismo. Abbiamo girato a casa sua, ci ha fatto vedere le sequenze delle telecamere di sorveglianza, con i ragazzini che entravano.
Lei ha iniziato molto giovane. Che consigli darebbe a chi vuole fare il suo mestiere?
Mio padre mi ha insegnato che la cosa più importante è imparare a scrivere bene. Poi oggi, con le telecamere digitali, diventa molto più facile realizzare un film. Chiunque potrebbe.
Si impone una riflessione. Questi ragazzi volevano diventare star, e ora c’è un film firmato da una grande regista in mostra a uno dei festival più importanti del mondo. Ci sono riusciti?
Per questo ho cambiato i loro nomi. Non volevo che diventassero ancor più celebri, ma è stato anche un modo per proteggerli.
EMMA WATSON
Harry Potter sembra ormai un ricordo lontano...
Fa parte del mio passato, ma non lo rinnego certo. Rappresenta lo spirito della mia adolescenza, ma in questi quattro anni mi sono capitate un sacco di cose. Mi sento fortunata, proprio perché ho possibilità di interpretare tanti personaggi diversi.
E su questo, come ha lavorato?
Ho guardato molti programmi di attualità che parlavano della vicenda, per cercare di captarne la psicologia. Non volevo che sembrasse parodistico, volevo rendere credibile il mio personaggio. Ho lavorato sul suo accento, ho riflettuto su come poteva essere cresciuta. Su cosa significhi vivere a Los Angeles, sull’impatto che può avere sulle persone.
Che effetto le fa essere a Cannes?
Non so, mi pare che tutti prendano i film così seriamente. Ma è bello essere in mezzo a tutte queste persone che amano il cinema e si scambiano opinioni, perché sono una grande appassionata di cinema anch’io, prima di tutto.
Cosa pensa dei suoi coetanei che hanno ispirato la trama di ‘The Bling Ring’?
Volevano solo apparire ‘cool’, nella loro testa, non facevano nulla di così grave. Avevano perso il contatto con la realtà.
Com’è lavorare con Sofia Coppola?
È sempre molto calma e se soffre di stress sul set, certo non lo da a vedere. Mi ha lasciato anche un po’ improvvisare, quando invece sono abituata ad essere spesso obbligata a rispettare le linee di dialogo in maniera ferrea.
Pensa che la tecnologia e i social network abbiano un ruolo importante nella vicenda raccontata dal film?
Assolutamente sì. Tutto evolve così rapidamente e noi giovani subiamo l’impatto delle immagini. Ci si può mettere sopra qualsiasi titolo e i ragazzi nella loro testa si fanno un’idea che molto spesso non ha nulla a che fare con la realtà. Pensiamo a quello che si legge nelle riviste. Spesso è come vedere un fumetto, o una caricatura. È un peccato, i giovani diventano presto cinici, prendono coscienza di cosa significhi avere un’immagine pubblica, ma a scapito della loro innocenza.
Com’è essere una donna oggi, nel settore dell’industria cinematografica?
Sono forse giovane per dirlo, ma a me pare un momento fantastico. Ci sono sceneggiatrici, registe in gamba come Sofia e attrici che spaziano in tutti i generi, dal dramma alla commedia. Direi che ce la caviamo piuttosto bene...
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