Intervista Captain Phillips: Paul Greengrass [2]

Seconda parte dell'intervista a Paul Greengrass, che ci racconta della sua avventura in alto mare!

Intervista Captain Phillips: Paul Greengrass [2]
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Paul Greengrass, regista tra le altre cose di The Bourne Supremacy e The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo, torna al cinema con Captain Phillips - Attacco in mare aperto, nuovo film con protagonista Tom Hanks e dal 31 ottobre al cinema.
Captain Phillips - Attacco in mare aperto rappresenta la disamina a più livelli, da parte del regista Paul Greengrass, del sequestro nel 2009 della nave porta container U.S. A. , Maersk Alabama, da parte di una banda di pirati Somali.
Il film —raccontato attraverso l’obiettivo caratteristico di Greengrass— è allo stesso tempo un thriller al cardiopalma ed un ritratto della miriade di effetti collaterali della globalizzazione.
La pellicola è incentrata sulla relazione tra il Comandante della Alabama, il Capitano Richard Phillips (il due volte premio Oscar Tom Hanks), e la sua controparte Somala, Muse (Barkhad Abdi). Ambientato su una rotta di collisione incontrovertibile, al largo della costa Somala, entrambi si troveranno a pagare il prezzo alle potenze economiche che sfuggono al loro controllo.
Vi presentiamo, oggi, la seconda parte della nostra intervista esclusiva a Paul Greengrass: la prima parte la trovate QUI.

Captain Phillips - Attacco in mare aperto si basa su una storia vera, ma riesci a dirci cosa, del film, è effettivamente reale e cosa, invece, è più romanzato?
Per risponderti in due parole, il film è una fedele testimonianza di quello che è realmente accaduto. È chiaro che quando decidi di raccogliere eventi successi in 4 o 5 giorni in poco meno di due ore, la compressione è inevitabile. Ma direi che è una rappresentazione abbastanza accurata di quanto accaduto.

Questo film pone una certa enfasi su un problema attualmente in crescita...
Credo che ad oggi siano stati realizzati vari film, di cui alcuni anche miei, basati sul problema della sicurezza nazionale. Questo, invece, è un thriller drammatico, focalizzato sulla globalizzazione, con i suoi vincitori e perdenti, con un particolare sguardo al crimine. In Africa, ci sono paesi che vedono passare davanti a loro la ricchezza... questi accadimenti sono inevitabili... naturalmente, non voglio assolutamente giustificare o promuovere questi eventi, ma è un dato di fatto. Se parli con chiunque lavori nella marina mercantile o chiunque sia anche lontanamente coinvolto con la marina russa, statunitense o inglese, ti dirà che la pirateria è un fenomeno in forte crescita. Spero di essere riuscito a rendere questo conflitto in modo realistico e fedele. È una vicenda molto nota agli Stati Uniti, e forse meno conosciuta nel resto del mondo, e in un certo senso noi qui cerchiamo di capire quali fossero le forze implicate, i soggetti coinvolti e i momenti più salienti.

Come hai fatto a mantenere reale il personaggio di Captain Phillips?
Ad essere sincero, questo era precisamente il nocciolo del film. Questo film ha tantissime caratteristiche del film d’azione. È un’esperienza particolarmente intensa durante la quale Phillips passa, in sole due ore, da un ambiente bucolico nel New Hampshire a questa assurda condizione di ostaggio in mezzo al mare. E la cosa interessante del personaggio interpretato da Tom, è che Phillips è un uomo assolutamente comune. Non ha nulla di eccezionale, non ha le caratteristiche dell’eroe, è l’uomo di tutti i giorni che si ritrova ad affrontare una situazione incredibilmente pericolosa e che riesce ad adattarsi alla situazione e a trarne insegnamento. Si tratta anche dei rapporti che instaura. In fondo stiamo parlando di una storia che riguarda due capitani, uno della marina mercantile americana, e uno di una nave impegnata in un’impresa criminale. Il rapporto che si crea tra questi due personaggi così diversi è il centro del film.

Perché hai scelto Tom Hanks per interpretare Phillips?
Nessuno, meglio di Tom, è in grado di catturare quell’umanità e quell’aspetto ordinario proprio delle situazioni straordinarie. Personalmente credo che questa sia una delle migliori interpretazioni di Tom Hanks. Credo che lui sia l’attore che meglio sappia mostrare cosa sia l’essere non speciale. E questo è esattamente il motivo per il quale si sceglie lui in questi casi: non è eccentrico. Phillips non è un eroe; è un uomo con sentimenti, percezioni e istinti assolutamente ordinari, ma il film mostra come quest’uomo così ordinario riesca ad affrontare questa situazioni così straordinarie.

Considerando la realtà in cui vivono, credi che possano essere giustificati i pirati per le loro azioni?
Interessante e profonda domanda. Sono convinto che tutti i loro comportamenti, alcuni dei quali sono riuscito a trasporre nel film, sono assolutamente da condannare. Diciamo che questa è la risposta facile. Io, personalmente, sia nella sfera privata che professionale, non condivido il relativismo. Sono convinto che le cose siano o giuste o sbagliate. Ogni regista ha un approccio soggettivo nei confronti dell’impegno sociale. Io sono del parere che sia importante dipingere il mondo nel modo più realistico e disilluso possibile e questo è possibile solo se hai degli attori che riescono a farlo per te - è solo attraverso di loro che puoi riuscire a fare questo. Questo permette di avvicinarsi molto a quello che accade realmente nel mondo e a percepire la compassione per i conflitti. Credo che il pubblico che vedrà questo film ne uscirà con un senso molto chiaro di ciò che è moralmente giusto o sbagliato, ma anche con la consapevolezza che il mondo non potrebbe essere altrimenti. Questa, per me, è una risposta umana, anche se non relativista, alle difficoltà del mondo in cui viviamo.

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