Intervista Black or White: Kevin Costner

È l'icona del cinema americano classico: Kevin Costner si racconta con emozione e passione!

Intervista Black or White: Kevin Costner
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Viene considerato uno degli ultimi eroi del cinema americano e, visto il portfolio di lavori che si porta dietro, è facilissimo capire come mai. Più che un attore, Kevin Costner è una vera e propria icona, metro di paragone e punto di riferimento per tutti quelli che sognano una carriera nel cinema, che mirano a essere indimenticabili. Ormai è cosciente della sua immagine e di come la gente lo identifica: “Quando sei piccolo, immagini di poter fare qualsiasi cosa, soprattutto quello che vedi in televisione. Ho visto uomini combattere, prendersi la ragazza dei loro sogni, baciarla. Crescendo, ho dovuto imparare a fare tutte queste cose!”, racconta divertito non appena si fa riferimento al suo lavoro. Sa quanto il cinema è stato importante per lui e, durante tutta l’intervista, ne parla con passione e fervore: “Ammettiamolo, impariamo tutti qualcosa dai film. Alcune delle più grandi lezioni di vita, le apprendiamo al buio di una sala, sognando di fare gesti eroici. Nella realtà non sappiamo davvero come ci comporteremmo, io però ho avuto l’opportunità di interpretare la persona che fa la cosa giusta e dice le parole adatte nel momento perfetto, ho imparato a fare l’eroe!”.
Parla volentieri di se stesso, ricordando il passato e mandando messaggi (spesso malinconici) per il futuro del cinema, proprio come ogni eroe farebbe. E noi lo ascoltiamo, curiosi e incantati da un mondo che sembra, allo stesso tempo, lontanissimo e fortemente tangibile.

Il cinema come scuola di vita

Il cinema le ha insegnato molto, tantissimo a quanto dice. Ma c’è qualcosa che, invece, ha imparato dalla vita reale e che le è tornato utile nei diversi ruoli?
Nei film sono un eroe ma poi, ogni giorno, torno a casa a fare il padre. So che i miei figli cercano un eroe che li ami e sia disposto a proteggerli. È come se interpretassi due ruoli: per uno mi pagano, per l’altro, a dire il vero, sarò ricompensato per tutta la vita. Ho tre bambini piccoli e, per via della mia età, so che non potrò trascorrere tutta la mia vita con loro. Ci sarà un momento in cui io non ci sarò più: è il prezzo che si paga per aver vissuto una vita piena. Ma sono grato ai film che ho fatto, perché i miei figli avranno la possibilità di vedermi sullo schermo anche quando non ci sarò più.

Lei è indubbiamente un attore classico, l’interprete icona del grande cinema americano: come si rapporta nei confronti della tradizione?
Il cinema sta cambiando, la gente si chiede in continuazione che cosa stia succedendo. Ci sono tantissimi film di animazione e sequel, che cosa succede? La mia risposta è: nulla! Il cinema va avanti, come tutto, no? I nuovi film d’azione sono divertenti, poco impegnativi. Il mondo si sta innamorando di questi film ed è una cosa che comprendo. Ma personalmente non mi sono mai disamorato delle storie, quelle vere di uomini e donne. Sono un romantico, nel senso che ancora credo in quello che Hollywood è stato e potrebbe essere. E onestamente credo ci sia ancora spazio per i piccoli film, proprio come Black and White, e continuerò a lottare per questo tipo di pellicole: contengono momenti e parole che non dimenticheremo mai. Quando faccio un film ho sempre presente questa idea, perché questi progetti valgono molto più di quanto incassano al botteghino.

Credo in Black and White

Parliamo allora di questo film, Black or White, al quale lei è così tanto legato. Una delle scene di maggiore impatto è quella del discorso in tribunale...
Ho amato il modo in cui è stata costruita. Il mio personaggio è accusato di essere razzista, ma io non sono d’accordo. A volte, quando non ti piace qualcuno, è perché non approvi il suo comportamento, a prescindere dal colore della sua pelle. Ma loro continuano a confonderli con pregiudizi sulla razza. La scena finale, in realtà, è il motivo per cui ho deciso di girare questo film. Ha una grande idea, in cui credevo molto, per questo ho deciso anche di finanziarlo. Non sapevo che il mio personaggio sarebbe crollato così, avevo solo letto il suo discorso. Ma, quando mi sono ritrovato a vivere quel momento, la mia voce è crollata e tutti, in quella stanza e in America, possono capire quello che è successo, come la perdita di un bambino possa ridurti.

Un altro momento fondamentale per il suo personaggio è quello ambientato in piscina...
È uno scontro molto intimo e complesso: una persona ha problemi di droga e l’altra ne ha di rabbia e alcool. Alcune persone possono pensare che un padre che abbandona un figlio sia un cliché, ma non è così. Succede spessissimo.

Però alla fine, si intravede un lieto fine. Cosa che nella vita reale non è sempre disponibile per tutti.
In questa faccenda, in questa pazzia, ci siamo tutti insieme. Quella che raccontiamo è una storia davvero molto americana, ma anche universale nel suo impatto. Il razzismo è una cosa che riguarda tutti e il motivo per il quale, spesso, ci opponiamo a una determinata razza, non è appropriato. È inutile dire che, quando incontro una donna bellissima, non penso come prima cosa al suo seno. E non so se questo faccia di me un pervertito! Ed è la stessa cosa che succede quando conosco qualcuno: non è il primo pensiero quello che conta, ma il secondo.

A quale personaggio si sente più vicino?
Ho interpretato grandissimi personaggi: cowboy, idoli del baseball, politici... Sono molto felice di non dovermi davvero guardare indietro e dover dire quale preferisco. Scelgo delle grandi parti e guardo alle prossime. Sapevo che questa di Black or White era una grande parte, che era un grande film. Era il meglio che potevo offrire, il meglio che potevo dare, che sia piaciuto o meno.

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