Intervista Allacciate le Cinture: conferenza stampa col cast

Ferzan Ozpetek e tutto il suo cast raccontano la sua nuova opera

Intervista Allacciate le Cinture: conferenza stampa col cast
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Non potevamo mancare alla presentazione alla stampa di Allacciate le cinture, il nuovo film di Ferzan Ozpetek, che arriva a due anni di distanza dal successo di Magnifica presenza. Scritto da Ozpetek insieme al fido collaboratore Gianni Romoli e costruito su due diverse linee temporali, una ambientata nel 2000 e un’altra nei giorni nostri, Allacciate le cinture è un’intensa storia d’amore e d’amicizia che amalgama melodramma e commedia, nel tipico stile del regista di origini turche. Protagonisti principali del film sono l’attrice polacca Kasia Smutniak e Francesco Arca (una scelta, quest’ultima, che non ha mancato di suscitare perplessità), capofila di un ampio cast che include anche Elena Sofia Ricci, Carla Signoris, Carolina Crescentini, Paola Minaccioni, Luisa Ranieri e il giovanissimo Filippo Scicchitano. Ecco il resoconto della conferenza stampa romana con Ferzan Ozpetek, lo sceneggiatore Gianni Romoli, i produttori e il cast al completo di Allacciate le cinture, che approderà al cinema giovedì 6 marzo, in circa 350 sale.

Ferzan, come è nata l’idea che ha portato alla realizzazione di Allacciate le cinture e cosa volevi esprimere con questo film?

Ferzan Ozpetek: È sempre molto difficile parlare dei propri film. Circa sei anni fa ho dato una cena per una mia amica che attraversava una condizione di sofferenza a causa di una malattia, una cena alla quale ho invitato circa quaranta persone. Lei era molto provata fisicamente a causa della malattia; a un certo punto le ho chiesto se dormisse ancora insieme a suo marito, ma subito mi sono pentito di quella domanda. Lei mi ha risposto di sì, aggiungendo: “Pensa, agli uomini non fa schifo proprio niente!”. Dopo aver pronunciato questa frase ha guardato suo marito, e a me è venuto quasi da piangere, perché ho percepito l’amore che esisteva fra loro, il desiderio che andava oltre l’aspetto fisico: ho pensato che quello fosse l’esempio di un amore puro. Nel cinema di oggi è difficile parlare di malattia: il pubblico vuole prevalentemente divertirsi, ma noi puntavamo a far piangere e ridere insieme. Allacciate le cinture non è un film sulla malattia, ma un film sull’amore e anche sul tempo, un tema che mi ha sempre affascinato. Inoltre abbiamo avuto l’opportunità di interrompere le riprese per un mese, in modo da permettere agli attori di mutare il loro fisico e dare l’impressione del tempo trascorso tra le due metà del film. A proposito del discorso sul tempo, a volte mi capita di rivedere delle vecchie foto e questo mi fa una grande impressione!

Gianni Romoli: Io e Ferzan avevamo già fatto insieme cinque film, da Harem Suare a Saturno contro, poi per un periodo di quattro anni abbiamo preso strade professionali diverse, ma non c’è mai stata un’interruzione del nostro rapporto personale. Ferzan mi ha parlato di questa emozione provata rispetto alla sua amica, e avevamo deciso di lavorare su questa idea già ai tempi delle riprese di Mine vaganti. Io ho iniziato a scrivere una sorta di racconto, che gli ho fatto leggere una volta arrivato a metà; a Ferzan è piaciuto molto ed ha approvato la direzione presa dalla storia. Poi, quando ha finito Magnifica presenza, abbiamo deciso di lavorare su quelle quaranta pagine e di farne un film. La mia impressione è che tutti i temi dei nostri film precedenti siano confluiti in Allacciate le cinture: il nostro lavoro sulla sceneggiatura è stato molto lungo, è durato sei o sette mesi. La storia non aveva un plot forte, ma si trattava piuttosto di seguire le emozioni dei personaggi attraverso dei piccoli momenti. Quando abbiamo letto la sceneggiatura insieme agli attori abbiamo apportato ulteriori modifiche al copione, perché Ferzan vuole che i personaggi aderiscano agli attori scelti e non il contrario. Arrivare ad avere un copione perfetto è la cosa migliore, perché poi ti permette di avere molta più libertà sul set.

Come mai la scelta del titolo Allacciate le cinture?
Ferzan Ozpetek: Il titolo è dovuto al fatto che, nell’arco della vita, arriva sempre un momento in cui è necessario allacciarsi le cinture. Io ho giocato su tutto quello che può capitare in un’esistenza, concentrandomi sui sentimenti più forti, l’amore e l’amicizia; ai quali, in alcuni casi, si aggiunge anche la solidarietà.

È stato difficile gestire aspetti quali l’eros e l’umorismo in un film che parla soprattutto di sofferenza?
Ferzan Ozpetek: Alcune persone che lavorano negli ospedali ci hanno confermato che i rapporti sessuali fra i pazienti e i loro congiunti sono molto frequenti, e che quindi spesso li lasciano da soli per più di un’ora, facendo in modo che non siano disturbati. Per quanto riguarda l’umorismo, non credo sia difficile trovare uno spunto di risata nei momenti di dolore. Sempre la mia amica, per esempio, mi ha dato l’idea delle parrucche, un esempio di oggetto in apparenza superfluo che però per alcune persone assume un’importanza fondamentale.

Cosa puoi dirci della scelta del cast e in particolare del tuo rapporto con i due protagonisti, Kasia Smutniak e Francesco Arca?
Ferzan Ozpetek: Durante le riprese degli eventi ambientati nell’anno 2000 io e Kasia Smutniak eravamo un po’ preoccupati perché ci sembrava che il film scorresse in maniera troppo semplice; ma poi, nel momento in cui abbiamo dovuto girare la parte più drammatica, abbiamo condiviso lo stesso entusiasmo e ci siamo legati moltissimo. Sia io che Kasia in generale abbiamo un atteggiamento molto melodrammatico, e nei momenti di serenità tendiamo sempre a preoccuparci. Su twitter molte persone mi hanno contestato, anche duramente, per la scelta di Francesco Arca; per questo personaggio avevo fatto il provino a quattro attori, fra cui tre professionisti molto famosi, ma Francesco è stato quello che si è calato da subito nel ruolo, in maniera istintiva, e mi ha convinto immediatamente. Anche Filippo Scicchitano e Giulia Michelini sono stati una rivelazione.

Domanda per tutto il cast: qual è il vostro bilancio dell’esperienza sul set di Allacciate le cinture?
Kasia Smutniak: La prima volta che io e Ferzan ci siamo incontrati è stato due anni prima di iniziare le riprese: io ero in un momento particolare della mia vita, e la storia che lui mi ha raccontato l’ho sentita subito molto vicina a me... l’importanza del tempo, delle piccole cose della vita quotidiana, anche quelle che ci danno fastidio ma a cui poi riusciamo a dare la giusta misura. Ci sono due momenti cruciali per il mio personaggio nel film: l’incontro con Antonio, quindi l’amore, e poi il momento in cui Elena guarda in faccia la morte. Allacciate le cinture, per me, racconta proprio questo.

Francesco Arca: Il provino con Ferzan è stato una specie di via crucis, perché è durato un mese e lui mi ha lasciato sui carboni ardenti fino all’ultimo. Per me era un sogno far parte di un film di Ferzan, e penso di essere stato un buon soldato, lasciandomi guidare completamente dal regista.

Carla Signoris: In questo film, tutti i personaggi parlano d’amore e tutti si amano. Tutti noi siamo passati attraverso questi sentimenti, e il mio personaggio, Anna, e quello impersonato da Elena hanno il compito di “alleggerire” questa sofferenza. Piangere e ridere sono la stessa cosa: l’espressione di un sentimento. E credo che il pubblico abbia la possibilità di immedesimarsi con le emozioni del film.

Elena Sofia Ricci: Avevo detto a Ferzan che nel suo prossimo film, se anche non ci fosse stato un ruolo per me, sarei venuta comunque sul set, magari a portare il caffè, perché sui suoi set c’è davvero un’atmosfera bellissima! Ferzan tiene conto del parere di tutti e ci dà sempre l’impressione di fare un film insieme, una cosa rara. Il mio ruolo precedente con lui era la zia Luciana di Mine vaganti, un personaggio molto riuscito, perciò quando ho saputo che avrei dovuto interpretare un’altra zia un po’ scombinata ho avuto un po’ di timore all’idea del confronto; però mi sono fidata di Ferzan, e ho accettato anche di farmi truccare come una signora anziana!

Francesco Scianna: Ferzan mi ha invitato ad utilizzare l’accento di Lecce, poi ha avuto da ridire sui miei capelli... però per la prima volta mi è successo di trovarmi sul set e di imparare a “giocare”, anche nel lavoro serio, adottando un atteggiamento creativo che mi ha permesso perfino di improvvisare durante le riprese.

Luisa Ranieri: Il personaggio della parrucchiera Maricla per me è stato un incontro pazzesco, appena ho letto le mie scene ho accettato di corsa la proposta di Ferzan: il mio personaggio è una donna assolutamente vitale, e Ferzan ha esasperato la mia fisicità... mi sono molto divertita, è stato come una bella scampagnata.

Filippo Scicchitano: Ringrazio Ferzan per l’opportunità che mi ha dato: si è trattato di un ruolo molto difficile, ed è stato complicato rendere il passaggio del tempo tra le due parti del film.

Giulia Michelin: Il mio è un personaggio che, essendo un medico, doveva rimanere un po’ freddo e non poteva esprimere un grande trasporto emotivo.

Carolina Crescentini: Sono stata entusiasta di lavorare con Ferzan, perché c’è poco da fare, lui è davvero un regista diverso dagli altri: invita sempre gli attori a partecipare al lavoro, fin dalla scelta delle location, e poi come hanno già detto gli altri sa come farti divertire sul set. A un certo punto mi ha addirittura fatto ingrassare di sei chili per interpretare il mio personaggio nella seconda parte del film, e non è stato facile, dovevo mangiare un piatto di pasta ogni mattina; ma poi ha tagliato quella scena dal montaggio finale.

Paola Minaccioni: Sono pazza di gioia di aver avuto la possibilità di interpretare questo ruolo, che mi ha permesso una grande esplorazione personale all’interno di una donna, Egle, che probabilmente si è accorta troppo tardi delle occasioni perse nella propria vita, quando ormai non le resta più tempo... in questo senso, credo sia il personaggio più straziante del film. Con Kasia si è creata subito un’alchimia stupenda sul set, non c’è stato neanche bisogno di parlare prima di iniziare le riprese.

Ferzan, come mai hai scelto di concludere il film sulle note della canzone di Riccardo Cocciante A mano a mano, nella versione interpretata da Rino Gaetano?
Ferzan Ozpetek: Ho sempre amato Rino Gaetano, e la storia della canzone è molto bella: Rino l’ha cantata una sola volta dal vivo, perché nel pubblico aveva visto la sua ex fidanzata, e lei a quel punto ha lasciato il concerto. Il testo di A mano a mano è molto forte, ma Rino riesce a cantare quei versi con grande leggerezza.

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